Джузеппе Унґаретті
СОЛДАТИ
1918
Буцім
Восени
На деревах
Листя
SOLDATI
1918
Si sta come
d'autunno
sugli alberi
le foglie
"a Amore ne rendano grazie, il quale liberandomi da' suoi legami m'ha conceduto il potere attendere a' lor piaceri". Boccaccio
Джузеппе Унґаретті
Гільде Домін (1909–2006)
Hilde Domin
Рівновага
Wir gehen
jeder für sich
den schmalen Weg
über den Köpfen der Toten
- fast ohne Angst -
im Takt unsres Herzens,
als seien wir beschützt,
solange die Liebe
nicht aussetzt.
So gehen wir
zwischen Schmetterlingen und Vögeln
in staunendem Gleichgewicht
zu einem Morgen von Baumwipfeln
- grün, gold und blau -
und zu dem Erwachen
der geliebten Augen.
Лише троянда як опора
Я облаштовую собі кімнату в небі
серед акробатів і птахів:
моє ліжко – на трапеції почуття
мов гніздо у вітрі
на краєчку гілки.
Я купляю собі ковдру з найніжнішої вовни
лагідно розчесаних овець, які
в місячному сяйві
мов мерехтливі хмари
сунуть суходолом.
Я заплющую очі та загортаюсь
у руно надійних тварин.
Я хочу відчути пісок під маленькими ратицями
і клацання засува,
який увечері зачиняє двері хліву.
Але я лежу в пташиному пір’ї, заколисана високо в порожнечу.
Мені паморочиться. Я не засинаю.
Моя рука
сягає по опертя й знаходить
лише троянду як опору.
Nur eine Rose als Stütze
Ich richte mir ein Zimmer ein in der Luft
unter den Akrobaten und Vögeln:
mein Bett auf dem Trapez des Gefühls
wie ein Nest im Wind
auf der äußersten Spitze des Zweigs.
Ich kaufe mir eine Decke aus der zartesten Wolle
der sanftgescheitelten Schafe die
im Mondlicht
wie schimmernde Wolken
über die feste Erde ziehen.
Ich schließe die Augen und hülle mich ein
in das Vlies der verläßlichen Tiere.
Ich will den Sand unter den kleinen Hufen spüren
und das Klicken des Riegels hören,
der die Stalltür am Abend schließt.
Aber ich liege in Vogelfedern, hoch ins Leere gewiegt.
Mir schwindelt. Ich schlafe nicht ein.
Meine Hand
greift nach einem Halt und findet
nur eine Rose als Stütze.
Ich bin voll Gleichmütigkeit, was natürlich oft mit Gleichgültigkeit,
mit Mangel an Interesse verwechselt worden ist.
Robert Walser, Der Räuber
Mi piace stare da solo. Non penso che la solitudine sia una cosa cattiva o riprensibile, perdipiù quando si tratti d’un modo di vivere e non d'un ghiribizzo intellettuale, cioè finto. Direi che la solitudine sia lo stato di coscienza ovvero lo stato mentale, comunque non lo stato della mente ottusa, la quale appare sempre socievole e pronta a vomitare fiumi di luoghi comuni e di fissazioni. Però non sto per costruire castelli in aria, contrapponendomi in questo modo dubbio alla società oppure alle persone rozze, grezze e grossolane che oggidì uno può incontrare a ogni passo (grazie alla tecnologia avanzata anche nella rete). Non cerco quindi di descrivere la vita ritirata come riflessione ma soltanto come uno stato.
Dunque potrei perfino dire che la solitudine dia una spinta alla mia vita mentale e vorrei disegnare in poche parole un mio giorno quotidiano e solitario. Non c’è di meglio che dipingere una mia passeggiata, perché la vita umana sembra una breve gita e soltanto alcuni viandanti ce la fanno a discernere che quella breve camminata contiene un po’ di più.
Come al solito e anche all’ora solita esco da casa mia in via Liebenauer e vado a passeggiare. Il giorno pieno di lavoro è quasi trascorso e posso darmi a pensierini leggeri, errando per le strade vuote della città tedesca, la quale una volta arse di movimento spirituale, ma ai nostri giorni è seppellita sotto i frammenti della gloria ormai passata.
Scendendo le scale, m’incontro con il portiere della mia abitazione che, come i tutti portieri tedeschi, parla una lingua bizzarra. Superato questo ostacolo linguistico finalmente entro nella via. Passando oltre gli edifici vecchi e talvolta abbandonati, richiamo alla mente le estati che passavo da mia nonna al mare in Crimea. Ma perché mi ricordo di Eupatoria – questa dapprima colonia greca, poi capitale del Khanato di Crimea e finalmente bottino dei russi? La ragione prima di questa reminiscenza risiede nell’odore che esalano i sotterranei. Questa mescolanza dell’umidità stantia irrita le mie narici e il cervello mi lancia un'immagine dell’infanzia. Mia nonna abitava in un appartamento nel centro storico della città non storpiato dall’architettura bolscevica. Il suo appartamento era collocato al primo piano, al quale portava una scala. Ma nell’atrio c’era anche un'entrata nel sotterraneo, dal quale arrivava l’odore appena descritto. Per questo ogni volta quando sento un tale odore umido, spazio col pensiero alla mia fanciullezza.
Comunque la destinazione della mia passeggiata è un ponticello gittato sulla Saale, dove solamente le zanzare notano la mia presenza, tentando di cenare a spese mie, e anche alcuni tedeschi che filano come il vento in bicicletta, cercando di “fit bleiben”. Non preso da questa idea, mi metto a fumare e medito sulla decisione che cambiò la mia vita definitivamente e che presi con la radicalità che è propria solo dell’età verde.
Questa decisione mi costrinse a percepire la pressione della lingua che sento fino a ora. Sono cresciuto in una città prevalentemente parlante russa e anch’io parlavo russo come lingua madre in tutti sensi possibili. La lingua ucraina che sentivo unicamente alla televisione e che studiavo a scuola, non era la lingua quotidiana nella mia città. Io e i miei compagni di scuola non la usavamo.
Ma col tempo e grazie agli studi intensi della storia e lingua ucraina ho capito che la situazione bilingue in Ucraina rappresenta una costruzione artificiale e un risultato della politica imperialistica condotta dall’Impero russo e poi dei bolscevichi. Per ragioni di resistenza culturale ho deciso di cambiare la mia lingua parlata (devo dire che la mia situazione non è unica, perché molti intellettuali ucraini che provengono dalle città russo parlanti, cambiano lingua parlata). Prendendo questa decisione, non ho considerato la distanza reale fra le due lingue. Oggi non riesco a parlare spontaneamente russo – la mia madrelingua, contuttoché la intendo passivamente. La lingua russa si è allontanata da me insieme con la mia infanzia.
***
Ho ammazzato la zanzara noiosa e vedo la sua salma sulla punta del mio pollice, ma non vedo me stesso, so vedere soltanto le mani, le braccia, i piedi, la pancia, cioè sempre solo i frammenti di me stesso, ma dove sono io? Nello specchio? Mi sembra che lo specchio menta.
«Ген лину я до священної, невимовної, загадкової ночі. Світ десь там — занурений у глибокий діл — пустий і самотній його простір. Струнами грудей дме глибока зажура. Я хочу опасти краплями роси й змішатися з попелом. Далечінь спогадів, бажання юності, дитинства мрії, усього довгого життя короткі втіхи й марнії надії у сірих тогах ринуть – мов та вечірня мла, коли, нарешті, сутеніє».
Vorstellung (f.); Vorstellende (n.)
Уявлення; уявлювальне
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Objektität (f.)
Об’єктність
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anschaulich (die anschauliche Erkenntnis, die anschauliche Vorstellung,
die anschauliche Welt), anschaulich machen
Спогляданний, споглядний; успогляднювати
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erscheinend (die erscheinende Welt)
Явищний, з’явищний, феноменальний
(з’явищний світ)
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Einsicht/Absicht (f.)
Думка/задум*
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Einbildungskraft (f.)
Сила виображення
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Ursache (f.) und Wirkung (f.)
Причина та наслідок
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Grund (m.) und Folge (f.)
Підстава та вислід
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Satz vom Grunde
Принцип достатньої підстави
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Schließen (n.)
Висновування
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Ableiten (n.)
Виведення
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Leiden (n.)
Страждання, зазнавання
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Motiv (n.) und Quietiv (n.)
Мотив і квіетив (новотвір Шопенгавера)
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grundlos
Безпідставний
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Verstand (m.)
Розсуд
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Wille (m.), Wollen (n.)
Воля, воління
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Sichtbarkeit (f.)
Видність
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Sichtbarwerden (n.), das Hervortreten in die Sichtbarkeit
Овиднення
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